Sogno un discorso del genere in cui la parola segno corrisponderebbe pienamente al fenomeno descritto, ovvero come lo definiscono i linguisti signifiant = signifié. Poi eviteremmo completamente le incomprensioni e descrivendo ogni livello separatamente creeremmo un quadro chiaro della realtà nelle nostre teste che fingerebbe di riflettere effettivamente il mondo. Di conseguenza, passando a un altro livello, sarebbe legittimo dire che la realtà nelle nostre teste riflette con precisione la realtà del mondo materiale e risolveremmo il problema.
Purtroppo, o forse fortunatamente, la realtà umana è ben lungi dall’essere una descrizione precisa della condizione materiale. Usando il linguaggio, o meglio simboli non precisi, possiamo solo sognare che il nostro pensiero diventi chiaro e preciso. Se a questo aggiungiamo le differenze tra la visione causa-effetto del mondo e la ricezione emotiva, di solito supportata nelle immagini, la questione diventerà complicata così tanto che solo un vero genio sarà in grado di capirla e trasmetterla agli altri. Non sono un genio, ma tento di provarci.
Alcuni cercano di descrivere la realtà attraverso giustapposizioni di parole e intuizioni emotive sulle verità nascoste tra le parole. Questo sembra valere soprattutto per i poeti. Inoltre l’Arte in generale è una sorta di descrizione di ciò che non si può dire. Pensare con le immagini cade, in un certo senso, in tali categorie. I problemi sorgono quando qualcuno vuole applicare la poesia per descrivere la realtà razionale. Si crea quindi letteratura e il suo valore non è dovuto al discorso logico, ma al potere delle parole, al fatto che il simbolo contenuto nella parola in se stesso diventerà un valore. Allora la realtà descritta è di poca importanza e il significato va in forma.
Quando si considera il vino e il Parker così come tutte le implicazioni derivate i problemi iniziano con la definizione del gusto. Non solo in polacco. Dopo tutto, diciamo: il gusto del vino, o anche il gusto di questo vino da una data bottiglia, così come: qualcuno dotato di gusto, vale a dire, avendo un buon gusto, vestito con gusto. Questo vale anche per il taste inglese o il goût francese. Con un unico simbolo vogliamo riflettere la realtà su entrambi i lati dello specchio.
Il gusto misurato da Robert Parker Jr usando la sua famosa scala è qualcosa di completamente diverso dai gusti del Parker che ha sempre seguiti. Nel frattempo, a causa della mera negligenza, diamo via ai fenomeni diversi con lo stesso simbolo e anche a volte costruiamo su di esso teorie meravigliose, ma nane. Il requisito di base per un critico onesto (e questo è il minimo assoluto che dovrebbe essere mantenuto) è quello di capire le differenze fondamentali se non si vuole fare acqua del cervello degli altri. Allora, quando si degusta il vino si nota l’incontro di due fenomeni: la natura passiva del liquido nella bottiglia e il gusto attivo del sommellier, vale a dire la sua conoscenza, i gusti, la cultura, ecc., cioè tutto quello che Jonathan Nossiter chiama “goût“.
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