A prima vista può sembrare che sia ossessionato con qualche parkeromania, o parkerofobia. Il bicchiere è mezzo vuoto, o mezzo pieno. Da un lato, inoltre, è mania, anche se un lettore attento ci troverà anche elementi di fobia. Un umano normale non si attacca a un nome come una zecca qualsiasi. Poi, un tale confronto con una zecca ha senso qui perché ora posso berne tutti i succhi disponibili.
Poi è così. Riconosco in Robert Parker Jr un innegabile genio, anche negli errori che aveva fatto (come del resto tutti noi). Nel fatto di essere un genio, tuttavia, noto una concentrazione assolutamente unica del suo tempo, di una società con vantaggi e svantaggi, ancora visibile perché il monumento non è riuscito a cristallizzarsi e inoltre è un monumento così distante che al mio posto sulla terra ancora mi è permesso di scriverne a proposito. Francamente, ci sarà anche un po’ di politica nelle conclusioni perché dove ci sono opinioni e società c’è anche politica ed è difficile dimenticarla.
Scrivendo finora su alcuni vini e vinacci a un certo punto mi sono reso conto di quanto fosse idiota quello che facevo sprecando il tempo prezioso. Continuo a dire che la valutazione e la descrizione dei singoli vini appartiene al marketing e io non ho mai avuto nessun legame con marketing. Quindi è il momento di occuparmi di quello che da alcuni anni mi sta nella testa, dal momento in cui mi sono reso conto di vivere in un mondo che smetteva di piacermi e che non riuscivo a capire. Scrivere sul vino mi aiutava a spingere problemi fuori, ma nello stesso tempo mi spingeva in contraddizioni insormontabili.
È stato così che ho iniziato ad esplorare la parkerologia e ho sentito il vento nelle ali, in quanto in qualche modo univa i miei interessi con il Marx, la Madre Teresa di Calcutta, il Fukuyama, Greta Thurnberg, Ortega y Gasset, così come con le fobie di un amico Sigismundo, cioè tutto in cui mi ero immerso partecipando ai nostri giorni. Qui possiamo anche aggiungere Jancis Robinson, Tim Atkin, Jesse Pinkman e molti altri che mi hanno aiutato (e continuano ad aiutare) a capire cosa galleggiava nella bottiglia. Per me Robert Parker Jr è diventato il culmine di una cupola, un atto di fede in tutto ciò che era soggettivo (perché incorporato in una cultura), riguardante l’uomo e la sua unicità. Così, quando scrivo del Parker, mi sento piuttosto buttare ciottoli nello stagno per far vedere come si muovono le sabbie.
Accanto al mondo reale di pietre, alberi, gatti, cani, topi e uccelli viviamo in un mondo immaginario. Tutti questi canoni, confini, opinioni, idee, belle frasi e la loro descrizione grammaticale, tutto questo mondo umano esiste solo nelle nostre teste, al di là di esse non c’è e va via nell’inesistente con ognuno di noi. Guardando Robert Parker Jr in realtà osservo come qualcosa viene fuori dal nulla per costruirsi in valori nella mente di molti. Il Parker non è affatto un modesto critico di vino il quale ha mosso il corpo del mondo dai suoi fondamenti. Egli merita rispetto non a causa della sua scala immaginaria. È, da un lato, un esempio puramente pedagogico di ciò che un individuo cosciente può fare e, dall’altro, uno specchio in cui si riflette la sua società e ciò che ci accadeva negli ultimi decenni.
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